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40 anni di Atamas

9 gennaio 2023

Due chiacchiere con Guido Lamberti

Guido Lamberti mi apre la sua porta di casa e mi saluta con un abbraccio, rispondo con altrettanto affetto. Del resto ci conosciamo da più di 40 anni. Entro nella sala e resto meravigliato.

- Cos’è, - chiedo – ti sei messo ad affittare costumi teatrali?

Ce ne sono dappertutto: sulle sedie, sui divani, sul tavolo, nei cartoni sparsi per terra e appesi anche sul camino.

Sembra un grosso negozio appena saccheggiato.

- No - mi dice sorridendo - ma da quando ho smesso di cantare ( sono ormai quasi 50 anni ) e mi dedico al teatro, all’avvicinarsi di dicembre mi ritrovo sempre circondato di costumi, pizzi, merletti, musiche e attrezzature di scena.

- Già… Quasi dimenticavo che sei stato un cantante famoso negli anni 60 e 70. A ripensarci m’accorgo di non averti mai chiesto perché hai smesso.

- Da ragazzo ho iniziato gli studi nel collegio della Madonna del Monte di Genova. Scrivevo già poesie e ho avuto come consiglieri spirituali i frati francescani che mi dicevano “tienili stretti i tuoi sogni perchè i sognatori volano nell’infinito”.

- Ma tu nel 1969 hai vinto il Cantagiro , hai partecipato al Festival di Venezia e prendevi un milione a sera. Poi, improvvisamente, hai rotto un contratto milionario con la tua casa discografica. In quegli anni con un milione si poteva comprare un appartamento di media grandezza.

- Sempre i frati mi dicevano: “Prima di scegliere tra una margherita e un brillante guardali attentamente.” Penso che chi ha dentro di sé valori inestimabili non li scambia con nessuna cifra. Una volta ho detto che questo mondo ha abbastanza soldi per affascinare e  condizionare popoli interi, ma non ne ha a sufficienza per potersi comprare un “Don Chisciotte”. Non c’è niente di più esaltante di combattere contro i mulini a vento.

- E come sei capitato in Valle d’Aosta?

- Un mio amico di Torino mi aveva coinvolto a scrivere un Pinocchio per i bambini delle materne, ho accettato e siamo venuti a rappresentarlo anche in Valle d’Aosta. Ho scoperto l’indescrivibile poesia che c’è in ogni bambino. E’ sempre stata la poesia la mia vera vocazione. I bambini mi hanno fatto capire che diventare un poeta non è un modo di scrivere, ma un modo di vivere. Sono arrivato in questa bellissima valle con l’intenzione di starci 3 o 4 giorni, ma poi ho fondato la cooperativa A.T.A.M.A.S. e oggi sono 44 anni che vivo qui.

Ho lavorato con migliaia e migliaia di bambini e i loro sguardi hanno aperto il mio cuore e  hanno fatto sbocciare in me il desiderio di avere due figli. Il mio amore per loro e il loro amore per me vale di più di tutto l’universo.

- Pinocchio è un personaggio importante per te? Mi risulta che lo hai rappresentato 5 o 6  volte in varie forme. Hai scritto anche “Pinocchiaccio” che altro non è che un Pinocchio diventato adulto.

– Pinocchio per me rappresenta la poesia che cerca di farsi largo in questo mondo dominato da ingiustizie, falsità e avidità. Ma non è il solo spettacolo che l’ ATAMAS presenta nel 2022; stiamo rappresentando anche “Favoleggiamo” e “La leggenda di S’Orso” e “Colori di poesia”. I costumi che tu vedi ora qui sparsi in sala, invece, sono per “Gli Specchi”, un gruppo teatrale del Villar di Quart che noi guidiamo da 32 anni. Con loro stiamo allestendo “Centola ovvero Cenerentola”. E’ lo spettacolo nuovo che rappresenteremo dal 18 dicembre al 9 gennaio. I Componenti di questo gruppo sono una ventina e hanno cominciato  a fare teatro con noi da bambini. Ora sono quarantenni laureati e ci portano i loro figli; noi li accogliamo felicemente e li portiamo sul palco a recitare con i loro genitori.

- Ho sentito parlare d un libro di poesie e di una colonna sonora che ha vinto primi premi internazionali: in Italia, a Londra, a Parigi, in Svezia, in India..ecc

- E’ vero, queste musiche sono state usate dal regista romano Massimiliano Battistella per un cortometraggio intitolato: “Pierrot sui binari”.

Il filmato ha per protagonista un nostro attore che anni fa aveva interpretato in valle “La Fiera di sant’Orso”. Da questo spettacolo noi abbiamo anche realizzato un video intitolato “La leggenda di sant’Orso” commissionato dal Brel.

- Hai cantato in stadi affollati e su palcoscenici famosi, forse preferisci essere chiamato Ugolino?

- No, Bruno, chiamami Guido come mi chiamavano e come mi chiamano ancora adesso i bambini che fanno teatro con me. Loro mi hanno insegnato che è più importante essere che sembrare. A te e a tutti loro faccio un caloroso augurio di buone feste e un “Ciao svizzeri”. Loro capiranno senz’altro il perché.

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